Progetto Giocalarte
Firenze, 12.05.2007
Progetto Giocalarte, scuola elementare De Amicis condotto da Sonja de Graaf
Testo di Italo Calvino Le città invisibili Progetto sul capitolo: Le città e i segni. 3.
Technica: Scultura
Materiale: Scatole di dimensioni vari, Colla per parati, Carta di giornale, Pittura, Carta, Legno
Zoe,
città dell’esistenza indivisibile, dove tutto è un tutt’uno. Periferia, metropoli, area industriale. Per trovare Zoe, non occorre andare molto lontano, basta uscire dal centro storico di una città qualsiasi.
Per lavorare con il concetto che Zoe ci offre.
Il primo incontro ho letto il testo di Calvino Le città e i segni insieme ai ragazzi. Abbiamo discusso un po’ del significato del testo e poi ho posto alcune domande a loro. Gli ho chiesto se avevano mai viaggiato e dove erano stati. Sono venuti fuori le città italiane come Roma e Siena, ma anche l’Egitto, Arabia, Londra e Parigi. Poi ho chiesto quale sono le cose che possiamo trovare in ogni città, ovvero come sono fatte le citta? È venuto fuori quest’elenco: Ci sono le fontane, Chiese, Campanili, Piazze, Centri commerciali, Hotel, Banche, Casa, Strade, Rotonde, Communi, Uffici postali, Palazzi e Ristoranti. Poi ho chiesto loro di immaginare una città sconosciuta, per esempio Pechino e se, secondo loro, anche lì potrebbe esserci una chiesa, un campanile, le rotonde ed uffici postali. Hanno dato un unanimo SI. Poi rileggendo il pezzo di Calvino ho chiesto se sapevano di posti dove non si poteva riconoscere la chiesa o la bancha etc. Dopo un po’ di esitazione e pensieri dal dietro nella classe qualcuno ha urlato ‘NEW YORK!!!’ Poi qualcun altro: ‘Dove ci sono le fabbriche.’ Erano convinti che in questi posti il duomo non si trova, ma nemmeno il campanile, il comune o una fontana.
La prossima domanda fu, che cosa possiamo fare come progetto artistico, come possiamo visualizzare le cose che abbiamo appena discusso? Qualcuno ha detto ‘possiamo fare un dipinto.’ E questo perché il loro concetto di Arte era dipingere, ma se non vogliamo dipingere? Se vogliamo fare un’altra cosa, che cosa possiamo fare?? La Stessa voce da dietro ha esclamato ‘COSTRUIAMO UNA CITTA, UNA CITTA VERA!!’ Poi la discussione è esploso, perché secondo alcuni non avevamo lo spazio per costruire una città vera, bisognava PROGETTARE una citta, fare un MODELLO IN SCALA della città. E da lì i ragazzi hanno preso in mano il loro progetto artistico e hanno deciso di progettare e poi costruire una città a scala. Il resto del primo incontro hanno designato una città di loro fantasia, dove molti hanno voluto inserire la fontana, qualcuno i suoi personaggi preferiti di Dragonball-z, e qualcuno ha perfino fatto una città dei segni stradali dove le persone cadevano giù dall’elicottero. (ma non dall’aereo perché avevano allacciati la cintura di sicurezza)
Per il secondo incontro avevo chiesto a loro di portare delle scatole da casa che ci servivano come base degli edifici. Abbiamo preparato la colla e strappato a pezzi i giornali, uniti i tavoli e abbiamo coperti le scatole con i pezzi di giornale e la colla. Un Work-shop di carta pesta dove ci siamo soprattutto divertiti come dei matti. Tutti, nessuno escluso hanno lavorato sodo per coprire tutte le scatole e uno di loro si era già occupato a fare la sky-line della città. Man mano che il numero di scatole si trasformava in edificio grigio-giornale i ragazzi si sono resi conto che davvero stavamo creando una città. Una scatola da latte era diventato un grattacielo, una scatola da scarpa una banca, una scatolina piccola una casa etc etc. Alla fine abbiamo parlato ancora un po’ del lavoro fatto e su come procedere. Durante il lavoro spuntava sempre fuori questo New York, quindi gli ho chiesto che colore aveva secondo loro. La risposta fu, grigia, marrone, scura. E se loro potessero dare un colore ad un edificio, come lo farebbero? Gialla, blu, rosso! etc.
Il terzo incontro avevo portato della stampe da internet con dei sky-line di varie città e li hanno colorati, ma hanno anche indivuduato i vari edifici dandogli un nome. Poi ci siamo messi a colorare gli edifici fatti la settimana precedente. Un ragazzo invece aveva portato da casa della pellicola trasparente e una volta avvolto un cartone con tutta questa pellicola ha ottenuto l’effetto di un edificio di vetro, o almeno trasparente.
Il quarto è stato un’incontro critico. Ormai i ragazzi avevano sperimentato che giocare con la carta pesta e sporcarsi lavorando sia una cosa molto divertente. Credo che si siano fatti prendere da questo entusiasmo, ma purtroppo non avevano lavorato bene. È stato un’incontro pieno di urli, calci e sberci culminando in una doccia collettiva alagando contemporaneamente il bagno della scuola. Insieme a tre maestre della scuola abbiamo dovuto calmarli e pensare a una soluzione alternativa. Ho preso la decisione di dividere la classa in tre gruppi e di lavorare in modo più individuale con loro, dandogli così la possibilità di sperimentare più cose senza scatenare il casino totale.
Quinto incontro. Devo dire che lavorare con dei gruppi più piccoli è stata una buona decisione. Perfino i ragazzi durante il lavoro hanno detto che si stava così bene e che era più divertente. Infatti, gli edifici colorati in quel’incontro sono tutti più interessanti rispetto a quelli precedenti. Non sono semplicemente stati colorati, ma i ragazzi hanno avuto la serenità di poter pensare a che cosa fare con l’edificio e quale funzione darlo. Così tra questo e il sesto incontro sono nati Il palazzo dell’arte, una banca con piscina sul tetto, un cinema e abbiamo potuto utilizzare anche altre techniche come il mosaico.
Mentre il settimo e ultimo incontro abbiamo montato la nostra città su dei pannelli di legno. Abbiamo incollato insieme alcuni edifici per crearne altri più grandi, sono nate delle strade e ancora più titoli. Abbiamo perfino potuto affrontare il tema della degradazione della città in cui viviamo, dopo che uno dei ragazzi aveva comincitao a mettere il suo nome sui muri del nostro progetto. Spero di averli fatto capire che quando si lavora sodo per costruire una cosa, non è bello vederlo rovinare da qualcun altro. Punizione: Il restauro dell’edificio colpito maggiormente e le scuse sincere alla costruttrice del grattacielo. Il titolo dell’opera finale è stato deciso in modo democratico. Ognuno aveva pensato a un titolo e poi abbiamo votato, il risultato: ‘MEGALOPOLIS La città colorata.’ Poi era arrivata l’ora per il saluto finale da parte mia con molto dispiacere.
Concludo questo testo dopo una riflessione su questi mesi passati in compagnia di un gruppo di piccoli menti creativi. Credo che i problemi successi siano dovuto al fatto che non tutti i ragazzi siano tranquilli come noi adulti li voremmo. Il bambino perfetto non esiste e credo che una classe di ragazzi troppo tranquilli mi avrebbe preoccupato un po’. In fin dei conti, ci siamo sporcati, saliti sui tavoli, abbiamo discusso ovvero: siamo usciti dagli schemi normali. Lavorando quindi in gruppi più piccoli consentiva a loro di essere trasgressivi ed enthousiasti senza la perdita del controllo.
Come sempre poi: i ragazzi più difficili erano anche quelli più creativi e spero che non smetteranno mai di ribbellarsi di modo che possono diventare, un giorno, dei grandi creatori!
Ringrazio Vittorio Corsini e Grazia Batini per avermi dato quest’occasione, la maestra Angela Spadaro per avermi sopportato e tutti i ragazzi per avermi dato così tanto entusiasmo, amore e soddisfazione. Mi avete dato un’esperienza unica.
Sonja
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